La cronologia tradizionale assegna la data della fondazione di Taranto al 706 a.C. Le fonti tramandate dallo storico Eusebio di Cesarea, parlano del trasferimento di alcuni coloni Spartani in questa zona per necessità di espansione o per questioni commerciali. Questi, distruggendo l’abitato indigeno e fondando il proprio, portarono la civiltà e tradizioni della Grecia.
La struttura sociale della colonia sviluppò nel tempo una vera e propria cultura aristocratica, la cui ricchezza proveniva, probabilmente, dallo sfruttamento delle risorse del fertile territorio circostante, che venne popolato e difeso da una serie di “phrouria”, piccoli centri fortificati in posizione strategica.
La leggenda racconta che nell’VIII secolo a.C., l’eroe spartano Falanto divenne il condottiero dei Partheni, cioè di quel gruppo di cittadini emarginati in quanto figli illegittimi, nati durante la guerra messenica, dell’aristocrazia al potere nella città di Sparta. Consultando l’Oracolo di Delfi prima di avventurarsi per mare alla ricerca di nuove terre, apprese che sarebbe giunto nella terra dei Japigi, e che avrebbe fondato una città quando egli avesse visto cadere la pioggia da un cielo sereno e senza nuvole (in greco ethra). Falanto si mise in viaggio, fino a quando giunse nei pressi della foce del fiume Tara. Addormentatosi sul grembo della moglie, ella cominciò a piangere a dirotto, ripensando all’oscuro responso dell’Oracolo e alle difficoltà sopportate, bagnando con le sue lacrime il volto del marito. L’oracolo si era avverato, una pioggia era caduta su Falanto da un cielo sereno: le lacrime della moglie Ethra. Sciolto l’enigma, l’eroe si accinse a fondare la sua città lì, presso l’insediamento japigio di Saturo.
La città spartana, antica colonia della Magna Grecia, per la sua posizione geografica a cavallo tra Mar Grande e Mar Piccolo, è conosciuta come "città dei due mari".
Presentando una morfologia del territorio prevalentemente pianeggiante, la città si è sviluppata lungo tre penisole naturali ed un'isola artificiale, quest'ultima nucleo storico dell'abitato, formatasi durante la costruzione del fossato del Castello Aragonese.
Mentre la maggior parte del golfo di Taranto è importuosa, a Taranto c'è un porto molto bello e ampio del perimetro di 100 stadi, chiuso da un grande ponte. Oltre al ponte di pietra costruito dopo l’alluvione del 1883, il ponte girevole inaugurato nel 1887 continua ad avere il fascino delle grandi opere di ingegneria meccanica e conduce nel dedalo di vicoli intorno alla centrale via Cava, lungo la quale fioriscono diverse botteghe artigiane.
Tra i monumenti di interesse storico e culturale ricordiamo antichi luoghi di culto, tra i quali i resti del Tempio Dorico, i resti archeologici delle necropoli greco-romane e delle tombe a camera, la Cripta del Redentore, i palazzi appartenuti alle famiglie nobili ed alle personalità illustri della città, tra i quali Palazzo Pantaleo e Palazzo d’Ayala Valva. La città offre inoltre una ricca varietà architettonica a testimonianza della forte religiosità e devozione: si va dal romanico al barocco della facciata della cattedrale di San Cataldo, dal gotico della chiesa di San Domenico Maggiore alle forme decisamente più eleganti delle chiese dalle linee rinascimentali e neoclassiche. Numerose anche le cripte, i monasteri, i santuari e le edicole votive. Ancora in zona troviamo il castello Aragonese e l’ipogeo “De Beaumont Bonelli Bellacicco”, una struttura che narra la storia di Taranto sin dall’epoca geologica risalente a circa 65 milioni di anni fa, con successive tracce magno-greche, bizantine, medievali e del XVIII secolo.
Sul lungomare del Borgo Antico, un pannello in ceramica di 140 m² raffigura la leggenda della colonizzazione greca e della successiva nascita di Taranto. L’opera realizzata dell’artista Silvana Galeone su progetto del Centro Culturale Filonide, si ispira al mito dell’eroe spartano Falanto ed al responso dell’Oracolo di Delfi da lui interpellato.
A Taranto troviamo anche il il Museo Etnografico “Alfredo Majorano” che ha sede presso il palazzo Galeota e il Museo archeologico nazionale di Taranto (Marta), un importante museo archeologico dove è possibile ammirare i famosi “Ori di Taranto”, raffinate produzioni dell’arte orafa locale tra il IV e il II secolo a.C., oltre all’immensa raccolta di reperti archeologici provenienti da tutta la provincia ionica.
Nella città dei due mari la cozza tarantina è la regina indiscussa della tavola, sia cotta sia cruda. La mitilicoltura a Taranto risale al Medioevo ma se ne ipotizza la presenza anche in epoca greca e romana. Lo scorrere del tempo non ha scalfito la fama, la maestria degli allevatori e il suo sapore, quest’ultimo ottenuto anche grazie al naturale mescolarsi nel Mar Piccolo, dove vengono allevate, dell’acqua dolce delle sorgenti dette “citri” a quella salata del mare. Il risultato sono cozze piene e dal profumo e il gusto intensi che le massaie tarantine declinano in impareggiabili ricette.
L’Acropoli di Poseidone (o Tempio Dorico) di Taranto, è il tempio più antico della Magna Grecia ed è l’unico luogo di culto greco ancora visitabile nel Borgo Antico. L’archeologo Luigi Viola ne studiò i resti ed attribuì il tempio al culto di Poseidone, ma è più probabilmente da mettere in relazione con le divinità femminili di Artemide, Persefone o Hera.
I ruderi del tempio, situati in Piazza Castello, erano inglobati nella Chiesa della SS. Trinità, nel cortile dell’Oratorio dei Trinitari, nella Casa Mastronuzzi e nel Convento dei Celestini.
Dieci spezzoni di colonne erano visibili in età neoclassica, ma furono rimossi e andarono dispersi durante il rifacimento del convento nel 1729. Altri reperti andarono perduti con la successiva demolizione del convento nel 1926 e della vicina chiesa nel 1973
Tra le più belle chiese della Puglia, la Basilica Cattedrale intitolata a San Cataldo è il fiore all’occhiello di Taranto vecchia in piazza Duomo ed è la più antica Cattedrale di Puglia. I tarentini dell’XI secolo la costruirono nel cuore dell’isola conquistata dai normanni.
Questa Cattedrale, dedicata all’Assunta fin dai tempi più antichi, come annotano le più remote Visite Pastorali degli Arcivescovi tarentini, è ancora un libro tutto da leggere.
La facciata settecentesca è un trionfo barocco, tra nicchie di santi, angeli e medaglioni, preludio al sontuoso interno di 84 metri in lunghezza, dove si aprono le tre navate e le numerose cappelle. Il pavimento conserva ancora tracce dell’antica decorazione musiva, mentre le pareti sono riccamente decorate. Avvolge con la ricchezza dei marmi e degli stucchi il Cappellone di San Cataldo, dove sono conservate le spoglie del santo, dalla cupola affrescata, mentre ha conservato intatta la suggestione bizantina la cripta cruciforme, ritmata da colonne basse e decorata da affreschi duecenteschi.
Ubicata all’estremità nord della città vecchia, la chiesa di San Domenico Maggiore (già chiesa di San Pietro Imperiale) poggia le sue fondamenta sui resti di un tempio greco risalente al VI sec. a.C e fa parte dell'ex complesso conventuale omonimo. Un’iscrizione in latino nello stemma del portale di ingresso riporta che l’attuale edificio venne costruito nel 1302 e dedicato a San Domenico in Soriano da Giovanni Taurisano, giunto dalla Provenza al seguito di Carlo II d’Angiò e da questi nominato feudatario di Taurisano, in provincia di Lecce. L’ingresso principale è raggiungibile per mezzo di una scalinata costruita al centro della facciata verso la fine del XVIII secolo, quando fu creato il pendio San Domenico per collegare la via Duomo con la parte bassa dell’isola.
L’architettura, il valore storico e la posizione straordinaria sul mare, rendono il Castello una delle principali bellezze della città di Taranto. Principale fortificazione della città di Taranto, il Castello aragonese, detto anche Castel Sant'Angelo, traccia il confine tra città vecchia e borgo nuovo nel capoluogo jonico.
Il maniero, progettato dall'architetto senese Francesco di Giorgio Martini su commissione di Ferdinando d'Aragona intorno alla fine del XV secolo, è adagiato sul mare a protezione del canale navigabile. Voluta dal Re di Napoli come castello di difesa, la fortezza fu edificata sulle basi di una struttura di epoca normanna, avente per nucleo centrale una rocca realizzata dai bizantini per proteggersi dai Saraceni. Di particolare interesse sono le torri larghe e basse che enfatizzano la funzione di difesa. Il Castello, già utilizzato come carcere sotto gli Asburgo, è oggi sede della Marina Militare che apre la struttura a visite guidate, manifestazioni culturali ed eventi.
L’ipogeo di Taranto è una sorprendente struttura architettonica dove si ritrovano elementi e reperti riconducibili alle diverse fasi di occupazione del sito dalla preistoria all’età moderna. È il tesoro nascosto di Palazzo De Beaumont, splendida residenza settecentesca nel cuore del borgo antico di Taranto, affacciata sul Mar Grande, il fantastico Ipogeo De Beaumont Bonelli Bellacicco, straordinario ambiente architettonico dove il passato remoto della città è ancora visibile.
I diversi spazi si estendono fino a 12 metri sotto il manto stradale, testimoniando ogni differente fase antropica di occupazione del sito, visibili grazie alle varie strutture architettoniche riferibili a fasi geologiche e storiche differenti, risalenti a un arco temporale che va dalla preistoria all’età moderna. Di particolare rilievo è il sistema di approvvigionamento idrico presente al quarto livello di quota, costituito da cisterne e condotti, scavati nel banco di roccia calcarea, e utilizzati per la raccolta di acque dolci provenienti da un fiume carsico. Sono presenti inoltre strutture murarie tardo-medioevali ed elementi architettonici di età bizantina, probabilmente di reimpiego. Al secondo piano del palazzo, un attento restauro ha riportato alla luce l’antica Casa della Marchesa De Beaumont, con le sue ricche decorazioni settecentesche.
Il Museo è diviso in quattro sale alte dai cinque agli otto metri, presenta una estensione di circa 800 metri quadrati, e nel 2007 ha ricevuto il riconoscimento di "bene culturale di rilievo nazionale" ad opera del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali. Sino al 2014 ha totalizzato 40mila visitatori complessivi.
Oltre alle strutture storiche è possibile ammirare esposizioni artistiche e riproduzioni storiche riguardanti la storia di Taranto.
Nell’antica capitale della Magna Grecia si trova uno dei maggiori musei italiani dedicati all’archeologia, Il Museo Nazionale Archeologico di Taranto (Marta), che custodisce tesori inestimabili come gli splendidi Ori di Taranto racchiudendo una delle più importanti raccolte archeologiche d’Italia con sede nell’ex Convento di San Pasquale di Babylon, nei pressi dei Giardini di piazza Garibaldi.
Le sale dei piani rialzati sono oggi il regno dell’archeologia, con oltre duecentomila reperti e manufatti che vanno dalla Preistoria al Medioevo: il percorso di visita segue un ordine cronologico a partire dal V millennio a.C. I primi contatti degli indigeni japigi con il mondo egeo precedono la colonizzazione spartana del Golfo di Taranto, mentre si ammirano oggetti di vita quotidiana, legati al culto e ai rituali funebri della città greca.
Anche i cambiamenti sopraggiunti con l’arrivo dei romani si dipanano tra sculture e terrecotte figurate, utensili e oreficerie d’ogni genere. A questo proposito, da non perdere è l’incredibile tesoro degli Ori di Taranto, vera e propria antologia dell’arte orafa di età ellenistica con numerosi manufatti appartenenti a corredi funerari.
La raccolta pubblica dei reperti archeologici di Taranto fu avviata alla fine dell’800 con il Deposito di antichità. Il museo, istituito nel 1887, è oggi allestito negli ambienti dell’ex Convento di San Pasquale di Babylon, costruito poco dopo il 1750. Le collezioni sono in continuo accrescimento grazie agli scavi che periodicamente interessano il territorio.
Il settecentesco Convento di San Pasquale di Babylon fu ingrandito e risistemato in varie fasi a partire dal 1903, con la ricostruzione delle facciate su progetto di Guglielmo Calderini. L’ala settentrionale fu ideata da Carlo Ceschi e realizzata dal 1935 al 1941. Sottoposto a un radicale restauro nel gennaio 2000, il complesso è stato riaperto al pubblico il 20 dicembre 2007. Le sale dedicate alla città greca comprendono un’ampia esposizione di reperti, dai corredi funerari alle oreficerie. Nelle sale dedicate a Taranto romana, lo splendore della città è testimoniato dalla statuaria e dai pavimenti a mosaico di età imperiale. Taranto fra tardoantico ed età bizantina è invece documentata attraverso reperti quali la “domus” di casa Basile e le oreficerie.
I celebri Ori di Taranto comprendono anelli con sigillo, bracciali, diademi in oro e pietre dure, orecchini a navicella e a testa di leone, uno schiaccianoci e altri pregevoli tesori. Da vedere i mosaici pavimentali delle ville, le sculture in marmo e bronzo, ceramiche e alcuni esempi di architettura funeraria.
Nella Pinacoteca del museo si ammirano anche importanti dipinti di scuola napoletana.
A poco più di un km dalla Palude La Vela, lungo la Circummarpiccolo, il breve fiume Cervaro. Il fiume, nel passato, viene citato assieme al Galeso e al Rasca per la sua pescosità: nelle sue acque si pescavano i “gobbioni crivajuoli”. Sorgeva nei pressi un tempio dedicato a Diana.
Il fiume ha la sua sorgente ad alcune decine di m all’interno, sotto forma di occhio di fonte piuttosto ampio, circondato da piante di Typha latifolia (pianta erbacea perenne, chiamata anche stiancia o mazza sorda, comune nelle zone paludose, alta fino a 3 m, ha foglie lineari e infiorescenza a spadice). A poche decine di metri dalla sorgente del Cervaro, sorge il complesso del convento Battendieri, costruito nel 1597 .I Cappuccini avevano edificato, tra il 1533 ed il 1536, un convento “in loco veteri Cappuccinorum” nella zona del Galeso; vent’anni dopo lo abbandonarono , a causa dell’impaludamento del fiume e della inospitalità del luogo. Il convento sul Cervaro ospitava pochi frati che nella gualchiera (officina utilizzata per la follatura della lana dove una macchina mossa da una ruota idraulica con magli batteva la stoffa) lavoravano alla follatura della lana (operazione con la quale si ammorbidiscono i panni di lana , sottoponendoli a pressione). Il lavoro alla gualchiera era molto duro; la lana era di cattiva qualità, la morbidezza dell’antica lana era solo un ricordo e, anche dopo la follatura, il tessuto era ispido. Dopo essere stati sgrassati, lavati e rassodati, i tessuti venivano distribuiti agli altri conventi dei cappuccini. Il suolo fu donato dal nobile Francesco Marrese, con clausola di recesso in caso di abbandono dei frati. Essi costruirono: una chiesetta, a capanna, con volta a botte, molto semplice, stanzette con sacrestia, refettorio, cucina, officine per la lavorazione della lana, otto celle al piano superiore ed altre piccole comodità; la grande cisterna è stata probabilmente costruita in epoca successiva all’abbandono dei Cappuccini a due secoli e mezzo dalla costruzione del convento che venne confiscato nel 1867 e diventò una masseria di proprietà privata. L’intero complesso era racchiuso in un muro di cinta a secco interrotto dalla facciata della chiesa e da un portale ad arco ribassato. Staccata dal convento, era la gualchiera, contigua ad un pozzo a torre circolare su una polla di acqua sorgiva, con finestrelle ed una scala per l’accesso alla parte superiore.
Sita nel secondo seno del mar Piccolo di Taranto, da molti anni oasi WWf e da poco tempo riserva regionale orientata, l'oasi La Vela rappresenta un tesoro per il patrimonio naturalistico della città di Taranto. Ricchissima la flora prevalentemente di tipo alofila (formata da specie adattate a vivere negli ambienti salmastri) ed ancor più ricca ed interessante la fauna caratterizzata sia da specie stanziali (aironi cenerini, garzette, cormorani ecc.) sia migratorie (fenicotteri, cavalieri d'Italia, volpoche, avocette, spatole e tantissimi altri).