Situata in territorio collinare nel Salento settentrionale al confine tra le Murge brindisine e il Tavoliere di Lecce, ha ricevuto il titolo di città nel 1951. Importante centro messapico e successivamente romano, la città era nota nel Medioevo per la sua comunità ebraica. Difatti, tra l'VIII e il X secolo, la città di Oria raggiunge il suo massimo splendore culturale. Il suo prestigio fu dovuto alle scuole della sua comunità ebraica. Tra i più noti maestri di Oria Amittai, il nipote Amittai ben Shefatiah e il medico Shabbetai Donnolo. Donnolo, grazie al suo sapere e alla sua perizia non comune, anticipa l'archiatra, figura tipica del basso Medioevo. Amittai, Shefatiah, Amittai ben Shefatiah, Shabbatai ben Abraham Donnolo e Ahimāz ben Paltiel hanno prodotto una cospicua mole di fonti utili alla ricostruzione del pensiero mistico, della filosofia e della mentalità ebraica tra IX e X secolo. La presenza ebraica favorì i commerci con l'Imamato fatimide, avendo avuto contatti con i loro correligionari egiziani e nordafricani in Sicilia.
Oria è collocata sulle più elevate alture di un cordone collinare di antiche dune fossili nel nord Salento, che le conferiscono una posizione dominante sulla circostante pianura salentina. Il territorio di Oria, rispetto a quello dei comuni limitrofi, è da sempre interessato da fenomeni sorgentizi e di ruscellamento superficiale. Sono presenti alcuni corsi d'acqua per lo più a carattere stagionale, i principali dei quali sono il "canale Pezza dell'abate" ed il Canale Reale, entrambi sgorgano infatti da alcune risorgive localizzate ai margini delle suddette colline.
Il castello di Oria venne costruito tra il 1227 ed il 1233 su ordine di Federico II. Si trova al di sopra di una acropoli messapica primitiva ed ha una forma a triangolo isoscele. Tra le sue imponenti mura si possono ammirare tre torri: la Torre Quadrata, parte del complesso Svevo originale, la Torre Del Cavaliere e la Torre Del Salto, che risalgono al periodo Angioino.
L'intero edificio si sviluppa attorno ad un cortile a forma di triangolo isoscele. Tale piazza d'armi poteva probabilmente contenere un alto numero di uomini in arme, pari a circa 3000/5000. Inoltre in tale cortile, ai piedi della torre del salto (sud-est), si può accedere alla cripta dei SS.Crisanto e Daria. L'ingresso è segnalato da colonne, forse appartenenti all'antica chiesa bizantina qui presente, della quale rimane un ricordo nelle arcate presenti sul muro meridionale del castello. Nel cortile è oggi visibile l'accesso ad un passaggio sotterraneo che (abitualmente nascosto alla vista) veniva utilizzato per allontanarsi dal castello e dalla città in caso di assedio. Si ipotizza che tale cunicolo (oggi interrotto) procedesse sotto terra per diversi chilometri, tanto che la tradizione cittadina vuole che giungesse fino alla città di Brindisi, posta a circa 35 km (tradizione chiaramente molto esagerata).
Riportata alla luce nel 1822, la cripta è storicamente attribuita al volere del vescovo Teodosio (ca. 850-895) per ospitare le reliquie dei santi Crisante e Daria ricevute in dono da papa Stefano V. Una scalinata, aperta nel cortile del castello svevo, e scavata nella roccia, consente l’accesso al piccolo edificio. Fu interrata nel XIII secolo in fase di ristrutturazione dell’area su cui sorse la costruzione federiciana. Quanto si estendesse all’epoca la cripta non è dato saperlo, essendo stata tagliata all’altezza della quarta campana per la costruzione delle fondamenta del muraglione. Di impianto longitudinale, la chiesa scavata nella roccia dell’acropoli è in realtà quasi interamente costruita in blocchi di carparo ed è dotato di una sola abside situata ad ovest. La collocazione dell’abside a Ovest (propria delle chiese pagane) lascia immaginare da parte di altri studiosi, che la chiesa fosse antecedente al periodo bizantino, volendola ricondurre addirittura a periodo messapico. Le cupole presentano il più antico esempio nella regione di quella copertura a “tholos” (diffuso in seguito nel trullo). Nulla delle primitive decorazioni e degli affreschi di un tempo è rimasto. Gli affreschi visibili oggi, di cui solo uno in buono stato di conservazione che reca la data del 1636 (si può riconoscere l’immagine del Cristo in trono), risalgono tutti a dopo il XIII secolo.
Delle tre porte originali di accesso all'antica città, Oria ne conserva ancora oggi due: Porta degli Ebrei, anche conosciuta come Porta Taranto, perché conduceva a questa città, e Porta Lecce, conosciuta anche come Porta Manfredi e Degli Spagnoli.
Porta degli Ebrei è la porta che conduce al quartiere medievale ebraico di Oria, dove viveva una fiorente comunità ebraica. Al centro della volta di questa porta si trova lo scudo araldico con, ai lati, due stemmi che raffigurano gli emblemi della città di Oria. Al di sopra della porta si trova la statua dell'Immacolata. Porta Lecce è anche conosciuta come Porta Degli Spagnoli perché da qui entrarono gli spagnoli dopo un lungo assedio alla città. Al di sopra di questa porta si trova uno stemma di Oria.