Il sito archeologico del Monte Irsi

A undici chilometri da Irsina si trova il Monte Irsi, zona di straordinaria importanza per la presenza del sito archeologico e di grande bellezza paesaggistica. Come le vicine colline di Timmari e Altojanni, ha un’altitudine di poco inferiore ai 500 metri e ha un pianoro sulla sua sommità, caratteristica che ha favorito l’insediamento umano. I suoi versanti cadono sulla riva destra del fiume Bradano sul lato sud, mentre lungo il lato nord scorre il Basentello che dopo pochi km si congiunge con il Bradano, poco a monte dell’invaso di San Giuliano. Sul lato da cui si intravede Irsina, c’è una profonda vallata solcata da diversi torrenti che discendono dalla collina di Irsina tra cui il torrente Fosso Acqua di Lupo che dà il nome alla contrada.

Il Monte Irsi non ha mai ricevuto molta attenzione dalla comunità scientifica e solo alcune spedizioni straniere hanno condotto serie indagine sul patrimonio archeologico che il monte offriva. Dopo l'interessamento dell’università di Cambridge, un gruppo di archeologi canadesi, capeggiati dal prof. Alastairs Small, finanziati dalle università canadesi, ha cominciato una serie di indagini condotte in maniera scientifica e non solo speculativa.

Dai risultati presentati dal prof. Small risulta che il monte sia stato frequentato da popolazioni peucete tra l’VIII e il III secolo a.C. La popolazione viveva di economia agricolo-pastorale e come molte altre comunità “appenniniche” gli animali allevati erano soprattutto ovini e caprini per la produzione di lana, formaggi e carne, mentre i bovini erano adibiti soprattutto per l’aratura dei campi. La zona era difesa da un muro a terrazzo, tipico dell’Età del Ferro, che circondava la cima della collina, come mostra una ricognizione archeologica del sito, e si estendeva su un’area di 32,5 ha circa. La transumanza era largamente praticata così come nel periodo seguente alla conquista romana (II-I sec. a.C.).
Al pari di altri siti vicini come Timmari e Botromagno (Sydyon) anche il villaggio peuceta di Irsi pagherà cara la scelta di aver parteggiato per i Cartaginesi  e poco dopo la sconfitta di Annibale (201 a.C.) il villaggio fu abbandonato. I Romani in tutta l’area oltre a deportare parzialmente la popolazione locale, ne confiscarono le terre e fondarono diverse ville appartenenti a patrizi romani controllando così i vasti latifondi acquisiti.

Una prima villa fu costruita intorno alla metà del II sec. a.C., era lunga 55 m, aveva sul lato sud nove stanze e un gran numero di ambienti aperti, probabilmente utilizzati come stalle per i buoi, le cui misure corrispondono a quelle riportate dagli agronomi romani.  La villa romana di epoca repubblicana fu distrutta nel 70 a.C. durante le guerre di Spartaco.
Una seconda villa che durò i primi due secoli imperiali della nostra era, fu infine costruita. Alcuni resti si trovano accanto al monastero medievale convertito in chiesa molto più tardi.

Nella zona prospiciente Irsina ci sono i ruderi di un villaggio medievale scomparso nel 1360, anno in cui si attesta l’abbandono dell’ultimo monaco per rifugiarsi in Montepeloso (antico nome di Irsina). Un riferimento circa l’insediamento medievale di monte Irsi, risale al 988, quando viene distrutto dai saraceni insieme a Montepeloso. Durante un’operazione di dissodamento della zona furono trovate monete bizantine di epoca anteriore risalenti alla prima metà dell’800 e alla prima metà del 900. Appena dopo la cacciata da Bari degli Arabi, e quindi chiusa la parentesi dell’Emirato Arabo di Bari (847-871 AD), l’Impero Romano d’Oriente lanciò un’offensiva su larga scala per la conquista del Meridione d’Italia. Il principato longobardo di Salerno che nominalmente vantava il possesso di questa parte del Sud d’Italia non aveva le capacità militari per opporre resistenza ai Bizantini ed è quindi molto probabile che come per la vicina Matera, anche Irsi, entrò nel Thema di Longobardia durante la seconda metà del IX secolo. La bolla di Callisto II del 1124 lo annovera tra i possedimenti dell’episcopato montepelosino (irsinese) un castrum Ursum, donato ai monaci della Chaise-Dieu di Juso nel 1133 dal normanno Ruggero II.

Le prime informazioni sulle caratteristiche dell’impianto urbanistico si hanno nel periodo angioino, quando sul monte era presente un casale abbastanza popolato. Le vicende del casale e del monastero di Irsi non furono diverse da quelle di Montepeloso: distrutti da Ruggero II, passarono poi sotto il controllo della Chaise-Dieu di Juso e furono definitivamente abbandonati nel 1360, in pieno periodo della Peste Nera. L’attuale chiesa, frutto della ricostruzione cinquecentesca, è ad unica navata con abside terminale. Nel Settecento, poi, la navata venne ridotta e invertito l’ordine liturgico della chiesa.