Le Dolomiti Lucane sono il rilievo montuoso che nel cuore della Basilicata caratterizza il paesaggio con spettacolari guglie e sagome che hanno suggerito nomi fantasiosi come l’aquila reale, l’incudine, la grande madre, la civetta. Situate ad est della più imponente dorsale Pierfaone-Volturino-Viggiano dell'Appennino lucano , le Piccole Dolomiti lucane costituiscono il cuore dell'omonimo parco naturale regionale (che si estende alle foreste di Gallipoli-Cognato).
Sono denominate Dolomiti a ragione della somiglianza morfologica con le più famose montagne trivenete. La nascita del gruppo montuoso, che domina la parte centrale della val Basento, risale a 15 milioni di anni fa. Le cime scoscese modellate dall'azione millenaria degli agenti atmosferici, presentano guglie acuminate con un'altitudine media che si aggira intorno ai 1.000 metri s.l.m. I punti più alti sono quelli del M. Caperino (1455 m) e del M. dell'Impiso (1319 m).
Il territorio presenta un'alternanza di boschi di querce e picchi brulli e rocciosi sui quali, tuttavia, prospera una flora rara e interessante con specie vegetali peculiari come la valeriana rossa, la lunaria annua e l'onosma lucana. La fauna, oltre ai cinghiali (numerosissimi), presenta una notevole varietà di volatili: nibbio reale, rondone, gheppio, corvo reale e falco pellegrino. Anche a causa della lontananza dai mari, il clima è quello caratteristico della media montagna appenninica: inverni rigidi, con una prolungata presenza della neve al suolo (fino a due, tre mesi), ed estati fresche e ventilate. Le precipitazioni si aggirano intorno ai 1.000 mm annui.
Pietrapertosa fu fondata dai Saraceni nella seconda metà del IX secolo, in un periodo, in cui oltre ad aver creato a un effimero emirato in Bari (847-871), avevano occupato Tursi (850) e Tricarico e a distanza di oltre un millennio si incontrano ancor oggi tracce profonde ed indelebili come il castello saraceno e l'area di Arabata, primo nucleo di questa deliziosa cittadina.
I Bizantini dopo la caduta di Bari (871) lanciarono un’offensiva su vasta scala per riconquistare ai Saraceni e Longobardi la Puglia e la Basilicata. Sottraendo al Principato longobardo di Salerno la parte occidentale della Lucania storica, la futura Basilicata sarà organizzata come Thema di Lucania con capitale Tursi. Verso la fine del X secolo, a seguito di una ripresa dell’offensiva musulmana, un gruppo di Saraceni capeggiati da un greco convertitosi all’Islam, Loukas, rioccupò Pietrapertosa e le campagne circostanti. Gli abitanti della vicina Tricarico chiesero l’intervento del Catapano.
Come altri siti scelti dagli Arabi per insediarvisi, anche questo di Pietrapertosa si presenta al paesaggio con un doppio atteggiamento, uno dissimulato e rivolto all’esterno dal fronte della difesa e, l’altro, più sicuro e aperto verso l’interno ma pur sempre difendibile nel labirinto della rabatana. Qui i vicoli, serrabili all’ingresso, finivano in un fondo cieco, talvolta a ridosso della rupe, dove a fatica si fanno strada rivoli di terra di riporto per orti minuti, sapientemente interconnessi con canaletti di imbibizione scoscesi e in parte scavati.
Il tema della rocca, della rupe e del castello che vi si confonde, campeggia spesso come tema dominante di molti borghi e paesi, ma qui c’è di più. Vi è un’imponenza del tema che si estende a tutto l’insediamento e che si va articolando alle varie scale dal grande al domestico, in cui non è raro scoprire connubi diretti con la rupe delle singole case o degli slarghi nell’intramezzo rupestre. In fondo a questi, negli angoli, appena possibile può apparire un fico contorto con cui convive allacciato l’asino, il mezzo più adatto per muoversi nei corridoi stretti e impervi tra le case.
C’è poi un vero e proprio fenomeno di inversione della monumentalità che non è riconoscibile in un determinato edificio emergente tra le case come potrebbe essere un castello o una cattedrale. Qui, a campeggiare sul tessuto, è una serie di macigni delle dolomiti lucane che la fantasia popolare ha connotato con appellativi di riconoscimento. Nascondendosi tra queste monumentali architetture naturali, nel centro imprendibile della regione, gli arabi si sono potuti arroccare, più a lungo che altrove, a guardare senza essere visti.
Le più antiche attestazioni relative alla presenza di strutture fortificate a Pietrapertosa risalgono agli inizi del primo decennio del secolo XI e provengono da un documento con il quale nel 1001 o 1002 il protospatario Gregorio Tarchaneiotes, Catapano d'Italia, ridetermina i confini tra Acerenza e Tricarico dopo aver scacciato da Pietrapertosa un gruppo di armati formato da Saraceni.
Gli scavi archeologici hanno permesso di individuare tre diverse fasi di ampliamento del castello, in direzione del portale di accesso, testimoniate dalla presenza dei resti di altrettante facciate. Nel momento di massima espansione la parte dell'ingresso era costituito da ben tre piani conclusi da un sistema di caditoie utilizzate per la difesa dell'ingresso.
Alla cinta muraria verso il paese erano addossati alcuni edifici costituiti da un seminterrato e da un piano fuori terra, successivamente crollati. A valle della cinta muraria, un grande terrazzo nel quale sono da completare gli scavi archeologici, costituiva uno spazio a servizio del castello ma con funzioni ancora non indagate e un probabile secondo accesso verso il paese. In questa zona del castello è presente una necropoli altomedievale, formata da sepolture ad arcosolio con le nicchie e lo spazio di deposizione scavati direttamente nella roccia di alcune guglie di arenaria, anticamente raggiungibili con scale rimovibili.
Un' altra guglia, invece, ospita un punto d'avvistamento isolato dalla cinta fortificata e scavato nella roccia. Infine una gradinata, ancora esistente, direttamente scavata nella roccia, conduceva sulla sommità del picco roccioso sul quale sorge il castello, che permetteva il controllo "a vista" di un ampio territorio. Nel castello sono presenti due cisterne per la raccolta dell'acqua piovana. Nella più profonda si erano conservati, sepolti nella melma, i resti di un tronetto medievale in legno.
In adiacenza del portale d'ingresso è venuta alla luce la gradinata originaria di ingresso al piazzale superiore ed una serie di murature addossate l'una all'altra, che testimoniano tre fasi di ampliamento della cinta muraria. Alla fase medievale del castello appartengono un vano semi-rupestre, utilizzato a servizio della guarigione, un grande vano ipogeo suddiviso in due ambienti da un arco in pietra, in buona parte conservato sul posto e un piccolo ambiente scavato nella roccia che documenta la presenza di un stallaggio per animali. La cinta fortificata conserva testimonianze di tecnica costruttiva medievale caratterizzata dall'uso di "diatoni" in legno ovvero piccole travi lignee infisse trasversalmente nelle mura secondo una precisa maglia geometrica, per migliorare l'efficienza delle murature.
Castelmezzano è stato recentemente eletto come uno dei borghi più belli d'Italia e sorge a 750 m.s.m nel Parco Regionale di Gallipoli Cognato e delle Dolomiti Lucane così come Pietrapertosa, l’altro piccolo villaggio delle Piccole Dolomiti della Basilicata situato a 1088 metri sul livello del mare. Il complesso di rocce e guglie di arenaria scolpite dall’acqua e dal vento che hanno dato luogo a un paesaggio fiabesco. Come Pietrapertosa, anche Castelmezzano ha una storia millenaria che affonda nell’Alto Medioevo ma a causa delle diverse origini è sempre esistita una forte rivalità tra loro.
Secondo un’antica tradizione Castelmezzano fu fondato nel X secolo da un popolo in fuga. A scappare erano gli abitanti di un paese nella valle del Basento minacciati dall’arrivo dei Saraceni. Durante il loro esodo riconobbero in queste rocce e gole delle Dolomiti Lucane un ricovero ideale: da qui si poteva bombardare l’eventuale nemico con una pioggia di pietre. Non è chiaro se in seguito il nuovo centro di Castelmezzano fu in seguito occupato dai Saraceni e riconquistato dai Bizantini nella campagna militare lanciata all’indomani della cacciati dei Saraceni da Bari, ma il castello che fu eretto e di cui restano pochi ruderi è di epoca normanna. La posizione di castel di mezzo tra Pietrapertosa e Brindisi di Montagna, è all’origine del nome.
A vederlo in lontananza, Castelmezzano, così piccolo e grazioso, fa vivere la sensazione di entrare in una favola, i cui protagonisti sono l’Aquila reale e la Civetta, la Grande Madre, l’Incudine e la Bocca del Leone. Solo i nomi sono presi in prestito dalla fantasia, perché le sculture degli enormi massi di roccia arenaria, che nel tempo sono state plasmate dai giochi del vento e della pioggia, fino ad assumere simili forme, esistono davvero! A fare la guardia a questo gioiello dalla struttura medievale, fatto di scale ripide, vicoli stretti, case arrampicate sulla roccia, sono le Piccole Dolomiti Lucane che, più in alto si sale, seguendo percorsi dedicati, più svelano un incantevole paesaggio.
Il luogo è già di per sé fantastico, con questo paesaggio di roccia, con il grigio-scuro delle arenarie che sembra inghiottirlo avvolgendolo in un cono d’ombra quando cala la sera, e i misteriosi camminamenti delle sentinelle normanne. Ci si mette poi la magia, perché qui esistevano i “magiari” e un po’ tutti credevano al malocchio, al munaciedd che spaventava i bambini e al pummunar, il lupo mannaro. Gli abitanti conservano i caratteri della cultura contadina: diffidenti, tenaci, leali e ospitali, sono figli di una terra avara che li ha temprati alle asprezze e alle difficoltà della vita. Dopo secoli di miseri campicelli coltivati, di uomini che tagliano fascine e ramaglie di spine, di armenti che vagano per contendere alla roccia qualche foglia, di frane e smottamenti dovuti agli insensati disboscamenti, oggi scoprono la loro ricompensa: aria salubre, clima temperato e asciutto, monti ricoperti da folti boschi e prati verdeggianti.
I due centri, Castelmezzano e Pietrapertosa sono collegati dal ‘Sentiero delle Sette Pietre’, un trekking naturalistico di un'ora e mezza. Un viaggio nella fantasia e nella tradizione ma molto spettacolare è il “Volo dell’Angelo” e si svolge nel periodo estivo (tra giugno e settembre). Legati da un'apposita imbracatura e agganciati ad un robusto cavo d'acciaio, si parte sospesi in aria da Castelmezzano per arrivare a Pietrapertosa (o viceversa) ad una velocità di circa 120 km/h e lo stesso procedimento si ripete per tornare da dove si è partiti. Nel lasso di tempo si ha la possibilità di osservare il suggestivo panorama delle Dolomiti lucane ad un'altezza di circa 400 metri.