Attestata a circa 360 metri sul livello del mare, sul frontone che separa le Murge di Nord-Ovest da quelle di Sud-Est, Gioia del Colle sorge a metà strada fra il mar Jonio e l’Adriatico, a pressoché identica distanza da Matera, Bari e Taranto. Genti diverse hanno abitato dal periodo neolitico il suo territorio, lasciando significative tracce del loro passaggio, oggi evidenti nelle necropoli dolmeniche di Masseria del Porto e negli scavi effettuati nelle zone della Castelluccia e di Santo Mola.
In età bizantina si delinea la prima forma urbana nell’attuale sito della città (borgo di S. Nicola), dove è possibile ammirare alcune delle più suggestive strutture architettoniche del periodo: gli Archi di Costantinopoli, Nardulli, Mastrocinto, San Nicola, Cimone; la Casa Torre; la Chiesa di S.Andrea; la Chiesa Madre; ma anche le forme architettoniche e scultoree minori quali le chiavi di volta, gli oculi decorati o i fregi porta-anello. Rilevanti testimoni dal punto di vista archeologico e storico-architettonico sono la zona archeologica di Monte Sannace, uno dei centri più importanti della Peucezia, ed il Castello Normanno-Svevo, legato alle figure di Federico II di Svevia e di Bianca Lancia che qui diede alla luce Manfredi di Sicilia. Anche il paesaggio rurale con le sue masserie seicentesche e settecentesche disseminate in un meraviglioso ambiente naturalistico caratterizzato da gravine, lamie e boschi, è da considerarsi uno degli elementi di grande attrattiva di questo lembo di Puglia.
Dal punto di vista economico-produttivo, Gioia del Colle si pone quale centro agricolo fra i più floridi della provincia e vanta una produzione particolarmente significativa nei settori zootecnico e vitivinicolo con il vino primitivo di Gioia del Colle a far da padrone. Particolarmente sviluppata è l’attività casearia: le mozzarelle ed i latticini di Gioia del Colle si sono imposti sui mercati di tutta Italia ed oltre, per la bontà ineguagliabile del prodotto.
È il monumento più rilevante di Gioia del Colle ed uno dei castelli più belli di Puglia. L’edificio, sorto in epoca bizantina, con il normanno Riccardo Siniscalco d’Altavilla, nel XII secolo, ed ancor più con Federico II di Svevia, al suo ritorno dalla crociata (1228-1229), assunse le forme che ancor oggi è possibile ammirare, dopo i restauri Pantaleo (1907-1909) e De Vita (1969-1974). All’esterno catturano l’attenzione del visitatore il poderoso paramento con conci a bugne, le due torri superstiti delle quattro originarie (il mastio normanno de’ Rossi, alto m 28.40, e la torre Imperatrice, alta m 24.10 con i suoi splendidi oculi e monofore), gli ingressi sud ed ovest, caratterizzati dagli archi con bugnato a raggiera e dalle eleganti caditoie, le cortine punteggiate da una straordinaria varietà di raffinate aperture.
All’interno, a piano terra, varcato il maestoso androne ovest, si entra nella vasta ed armoniosa corte, su cui si affacciano la sala del forno monumentale con accesso alla prigione dell’Imperatrice, teatro di una fosca quanto suggestiva leggenda. Qui Federico II avrebbe rinchiuso Bianca Lancia accusandola di tradimento e qui la donna amata dall’Imperatore avrebbe partorito Manfredi, facendo sacrificio di sé. Più in là, l’accesso all’ingresso sud con la poderosa porta a piattabanda e gli ambienti delle cortine sud ed ovest . La corte fu teatro nel 1497 delle accoglienze trionfali tributate ad Isabella del Balzo Orsini, regina di Napoli, dalle popolazioni schiavone insediatesi a Gioia nella seconda metà del Quattrocento.
Un elegante scalone (rimarchevoli le losanghe raffiguranti scene zoomorfe) consente l’accesso alle sale del piano superiore: la fascinosa sala del Trono, annunciato dall’arco trionfale e caratterizzato da spiccati elementi decorativi arabi e dal motivo dei falchetti affrontati. Qui nel dicembre del 1250 sostò la salma di Federico II, in viaggio da Foggia a Palermo; la sala del Caminetto rinascimentale, illuminata dalla splendida trifora; la sala rinascimentale, a cui si accede dalla primitiva porta del donjon, con l’armoniosa volta quattrocentesca; la sala del Gineceo, con la scala di accesso all’interno della torre Imperatrice. Qui destano curiosità la saletta da bagno, una rarità nelle dimore signorili e regali del tempo, ed i mensoloni di sostegno dei soppalchi lignei andati distrutti.
Gli ambienti ad est ospitano il Museo Archeologico Nazionale, che raccoglie i reperti (dal VI al III secolo a. C.), rinvenuti nella zona archeologica di Monte Sannace: vasi geometrici, vasi a figure rosse e di Gnatia, statuette e tintinnabula (sonaglini), armi e oggetti bronzei, utensili domestici.
Regione abitata da epoca antichissima, la Peucetia corrisponde alla parte centrale dell’odierna Puglia, alla zona dell’altopiano delle Murge ed in pratica all’attuale provincia di Bari. Si insinua tra la Daunia e la Messapia, ed è caratterizzata, come l’attiguo Salento, da precocissimi contatti col mondo orientale, già nell’Eneolitico: si ritrovano ad es. ad Altamura gli stessi "ossi a globuli" trovati a Troia. Secondo la leggenda l’ethnos sarebbe stato originato da Peucezio fratello di Enotrio e figlio dell’arcade Licaone: la tradizione ha senz’altro registrato le relazioni, anche in questo caso molto precoci, tra i Peucezi e il mondo greco coloniale. È di quella stessa epoca lo sviluppo dei grandi abitati peuceti, ove è testimoniata una ricchezza enorme appannaggio delle classi dirigenti, come testimoniano i corredi tombali; ricchezza certo derivante dai commerci con le colonie greche. Tratto comune a tutta la civiltà peucetica è la forte decadenza in epoca romana: dopo la conquista la maggior parte dei centri scompare, e a ciò non corrisponde lo sviluppo di nuovi centri romani, che perlopiù rimangono al rango di stazioni su quella che sarà poi la via Traiana. Il centro di Monte Sannace è eloquente testimone di questo destino: abitato fin dall’inzio del VII sec. a.C. e fiorentissimo per tutto il IV e III sec. a.C., viene totalmente abbandonato alla fine del III sec. a.C., dopo le guerre annibaliche; e non vi è in alcuna ripresa della vita in età romana.
Quello di Monte Sannace è il più grande abitato peucetico noto, ed è stato scavato a partire dagli anni cinquanta del Novecento; ma il sito era conosciuto già nell’Ottocento, e fortemente depauperato da scavi clandestini. Il sito si trova suggestivamente in aperta campagna, a 5 km da Gioia del Colle in direzione Putignano – Egnazia, sul viottolo detto della Cavallerizza che attraversa tutta l’area archeologica. L’abitato è anonimo, forse da identificare con la città di Thuriae di cui parlano le fonti, che la indicano però come città “della Messapia”. Tutto l’abitato è cinto di quattro circuiti murari concentrici, perlopiù ancora visibili. La prima cinge l’acropoli, ed è della seconda metà del IV sec. a.C. La seconda, coeva, è dotata di una porta e racchiude quartieri abitativi nella parte verso valle; rivela, inoltre, tecniche edilizie greche. La terza e la quarta sono degli inizi del III sec. a.C.; l’una rinforza l’acropoli, mentre l’altra racchiude tutta l’area dell’abitato, cingendo una superficie in realtà molto più grande di quanto la città non fosse realmente: all’interno delle mura erano lasciate, cioè, zone non urbanizzate, funzionali all’accoglimento della popolazione delle campagne e degli animali in caso di guerra, ed a coltivazioni in caso di lunghi assedi. Interessantissimo l’uso funerario: le necropoli sono tutte extraurbane, ed ospitano tombe a partire dal VII sec. a.C., con materiali però anche più antichi, come vasellame greco di metà VIII sec. a.C.; ciononostante, coerentemente con l’uso funerario apulo, non mancano esempi di sepolture dentro la città, nei giardini delle abitazioni o negli spazi tra esse nel caso degli adulti, sotto il pavimento delle case nel caso dei bambini.