Il monte Alpi, con le sue due cime gemelle Pizzo Falcone (1.900 m) e S. Croce (1.893 m), è annoverabile tra i rilievi più alti dell'Appennino lucano e ne costituisce una delle aree più interessanti ed intatte dal punto di vista ambientale e naturalistico.
Da ognuna delle sue vette si possono osservare, simultaneamente, a nord l'alta val d'Agri, ad est il sistema dei calanchi argillosi digradanti verso il mar Ionio, ad ovest il Sirino, la costa tirrenica e le vette più alte del Cilento; a sud, infine, i monti Zaccana e la Spina oltre che l'imponente acrocoro del Pollino, e in condizioni ideali anche la Sila. Molto simile ai complessi montuosi della placca abruzzese-campana, il monte Alpi è paragonabile ad una grossa zolla di calcare cretacico, dalla caratteristica forma cuneiforme, che emerge in modo brusco dai terreni che lo circondano, di formazione più recente.
Estrema propaggine settentrionale del massiccio del Pollino, l'Alpi è posto a guardia dell'alta valle del fiume Sinni, a sud del monte Raparo (1.761 m), ad est del massiccio del Sirino (2.005 m) e a nord, nord-est rispetto al gruppo dei monti La Spina-Zaccana (1.652 m e 1.580 m).
Non esiste nessun elemento che dimostri che il suo nome sia legato con la catena alpina del Nord Italia, ma sembra che il suo nome derivi dalla parola locale “Arpo”, poi trasformata nelle varie trascrizioni delle carte geografiche ufficiali in Alpi. L’arpo è un falcetto usato dalle popolazioni locali per il taglio delle erbe o del frumento quando si raccoglieva ancora a mano, associato al monte per la forma che assume visto dall’alto congiungendo le tre cime principali che lo compongono.
Nella zona sono tuttora operanti diverse cave per l'estrazione di materiale destinato all'edilizia e la lavorazione dell'originale pietra grigia di Latronico, utilizzata come marmo ornamentale.