Da alcuni documenti notarili della città di Gravina dell'inizio del XIII secolo, si evince l'esistenza, nella zona interessata dall'attuale Altamura, di un piccolo centro chiamato Murum. Detto toponimo si riferiva alla cinta muraria della città (mura megalitiche), i cui ruderi erano visibili nel medioevo e di cui oggi sono ancora visibili le fondamenta in alcune zone.
Altamura fu quindi, rifondata dall'imperatore Federico II Hohenstaufen nella prima metà del XIII secolo e difatti ha potuto vantare di possedere l’unica cattedrale fatta costruire dall’imperatore stesso.
La cattedrale di Santa Maria Assunta risale al 1232, quando l'imperatore Federico II di Svevia la fece realizzare dedicandola a Maria Assunta, la pose sotto il suo patronato e dei suoi discendenti. L'orientamento della cattedrale è invertito rispetto all'originario rivolto verso la città di Gravina in Puglia. La realizzazione del portale settentrionale risale al successivo periodo angioino aprendosi sulla piazza duomo. La realizzazione di una seconda torre campanaria, l'area dell'altare e dell'attuale sagrestia furono aggiunte nella prima metà del Cinquecento. Opere settecentesche sono invece la loggetta tra i due campanili con le statue della Vergine tra i SS. Pietro e Paolo, le terminazioni delle torri campanarie e il rivestimento interno in marmo. In evidenza i due leoni porta-colonnine ritoccati da un artista di Andria, Maestro Antonio.
Oltre alla monumentale cattedrale di stile romanico-pugliese, Altamura può vantare anche le due belle chiese di San Biagio e di San Nicola dei Greci.
Il pane di Altamura, con le sue classiche forme skuanète (alto) e basso, ha ricevuto nel 2005 il marchio DOP. Il pane di Altamura si ottiene mescolando la semola rimacinata di grano duro con acqua e lievito naturale, detto "lievito madre", che si ottiene facendo fermentare una piccola quantità di pasta di pane preparata in precedenza; il tutto si lascia riposare per qualche ora e, rispettando le tradizioni, viene cotto nei forni a legna all'alba per essere presente sui banconi già alle prime ore del mattino. Il pane di Altamura è prodotto solo all'interno della zona d'origine con grano raccolto esclusivamente dai dintorni. Ogni forma è garantita dal Consorzio di Tutela.
Tradizionalmente, il pane era preparato dalle massaie nelle proprie case (con dosi settimanali di diversi kg) e consegnato ai fornai, che passando casa per casa, si preoccupavano di raccogliere le pagnotte. Prima di cuocerle ad ogni pagnotta veniva impresso il marchio di ogni famiglia che aveva preparato il pane e una volta cotto veniva caricato su un carretto trainato da un mulo e consegnato alle famiglie.
I claustri tipiche piazzette o larghi che si aprono sulle vie principali del centro storico altamurano. La denominazione locale è gnostre e sono unici nell'architettura popolare. Se ne contano circa 80 e rappresentano l'aggregarsi spontaneo di gruppi familiari o etnici (Latini, Mori, Giudei). La loro conformazione assolveva, oltre che ad una funzione sociale anche ad una difensiva: il claustro, con l'unica entrata, costituiva una sistema difensivo che poteve rivelarsi letale per i nemici che, se si fossero avventurati fin lì sarebbero rimasti imprigionati e subissati da lanci di pietre, acqua o altro. Esistono due tipi di claustri: quello di stile greco con il largo tondeggiante e al centro un pozzo o un albero; quello di stile arabo stretto e lungo con una piccola strada chiusa e in fondo un pozzo per le acque piovane. Fra i più pittoreschi e caratteristici ci sono i claustri Giudecca, Inferno, Tradimento. Molti claustri sono stati abbandonati e quindi oggi sono disabitati e malridotti.
L'area di Altamura è oggetto di frequenti indagini archeologiche che portano spesso a ritrovamenti importanti (spesso riconducibili ai cosiddetti Peuceti). Solo una parte dei reperti archeologici è rimasta come patrimonio locale o nazionale, a causa di una commercializzazione talvolta illegale e conseguente perdita, ben testimoniata da autori e documenti del Settecento e Ottocento. Domenico Santoro, ad esempio, afferma che almeno fino al 1688 c'erano, sulla via Tarantina (via Carpentino), molte urne funerarie vicino a una fonte detta "Putida" (che conserva tale nome). Di queste urne non vi è più traccia, secondo quanto riportato dagli studiosi Tommaso Berloco ed Elena Silvana Saponaro. Ciò conferma l'esistenza di una sorta di mercato nero durante il XIX secolo, e che i reperti (vasi, monete o medaglioni) non erano sufficientemente tutelati. Anche Pietro Viti fornisce informazioni dettagliate su tali ritrovamenti.Cesare Orlandi parla di ritrovamenti archeologici sia nelle vicinanze sia all'interno del perimetro delle mura megalitiche di Altamura.
Il Museo Nazionale Archeologico di Altamura sorge a ridosso del centro storico della città, in località La Croce, zona archeologica di grandissima importanza, ricca di testimonianze dal Bronzo antico fino all’avanzata età ellenistica e conserva reperti appartenenti al periodo preistorico, arcaico, classico, ellenistico e medioevale.
La Sezione Paleolitica allestita al secondo piano è dedicata alla grotta di Lamalunga ed allo scheletro dell’Uomo di Altamura. Dopo una prima parte di carattere generale dedicata alla evoluzione dell’Uomo ed alle sue prime testimonianze viene affrontato il tema della grotta con le sue caratteristiche geologiche e paleontologiche. In esposizione una serie di ricostruzioni, calchi e immagini con le quali si cerca di supplire alla impossibilità di accedere al complesso ipogeico.
La Sezione preistorica abbraccia il periodo che va dal Neolitico fino alla fine dell’età del Bronzo. Per il Neolitico è interessante la sepoltura databile a circa 5.000 anni a.C., riferibile ad un uomo che presenta tutti gli stress funzionali di chi ha condotto una vita molto faticosa da pastore ed agricoltore. Ricca la campionatura di ceramiche impresse graffite e dipinte e l’industria litica.
Le vetrine dedicate all’età del Bronzo espongono i primi manufatti metallici e “l’osso a globuli”, un osso animale riccamente decorato proveniente dall’Oriente, quasi identico ad uno rinvenuto negli scavi di Troia, unico esemplare presente nell’Italia peninsulare, prima vera concreta testimonianza dei rapporti fra Oriente ed Occidente, esistenti già in epoca micenea e durante i primi secoli del primo millennio, prova della veridicità delle leggende omeriche.
La sezione arcaica è dedicata alla formazione delle civiltà indigene e ai primi rapporti con la Grecia.
La sezione classica ed ellenistica è la più eccezionale per le magnifiche ceramiche a figure nere e rosse, i ricchi corredi funerari, gli oggetti di pasta vitrea e di metallo e le rare ceramiche argentate rinvenute in una tomba a semicamera. Nella sezione ellenistica interessante il piccolo sarcofago con scheletro rannicchiato di bambina e statuine e un singolare corredo databile verso la fine del II secolo a.C. con parure di gioielli in oro. La sezione medievale è riferita al sito paleocristiano di Belmonte, nel quale è stato scoperto, oltre alla basilica e alla necropoli, un rarissimo battistero ad immersione. Da questo sito proviene una croce di oro con pietre e paste vitree. Nella Sala dedicata alle mostre temporanee è aperta al pubblico, la mostra “Preistoria del cibo. Alle origini del pane”.
Le mura megalitiche (VI secolo a.C) erano lunghe 4 km, alte e larghe 6 m e racchiudevano nella loro ampia cerchia, un'altra più piccola intorno all'Acropoli, cioè la parte più alta e più sacra della città. Erette tra il VI e il III secolo a.C., ora sono visibili per alcuni tratti.
In località Pontrelli, nota come cava dei dinosauri, sono state rinvenute nel 1999, su un'area di dodicimila metri quadrati, trentamila orme di dinosauri. Le impronte risalgono al Cretacico superiore, tra i 70 e gli 80 milioni di anni fa, con clima di tipo tropicale (caldo umido), e testimoniano la presenza di oltre duecento animali, appartenenti a cinque gruppi diversi di dinosauri, erbivori e carnivori.
Le dimensioni delle impronte variano dai 5 – 6 cm fino ai 40 – 45 cm, facendo supporre di trovarsi di fronte ad animali alti fino a 10 metri. Lo stato di conservazione delle impronte è dovuto probabilmente alla presenza di un terreno paludoso dal fondo fangoso, con tappeti di alghe che hanno permesso la cementazione dell'impronta. In alcune impronte è visibile la piccola onda di fango generata nel momento in cui l'animale ha poggiato la zampa al suolo. Dalla lettura delle impronte e soprattutto delle piste, ovvero di una serie di almeno tre impronte consecutive, o tre coppie mano - piede nel caso di animali quadrupedi, lasciate dallo stesso animale in movimento, si evince come le andature siano normali, senza tracce di panico, a dimostrazione del fatto che si trattava di un normale spostamento degli animali mentre pascolavano tranquilli in un ambiente presumibilmente lagunare.
Dalla quantità delle impronte e dalle loro dimensioni ci si può facilmente rendere conto delle quantità veramente ingenti di vegetali che dovevano essere presenti in loco per poter soddisfare le necessità di sopravvivenza di tanti animali.
Una delle piste individuate appartiene a un cerapode (dinosauro erbivoro, quadrupede, di media stazza): essa rivela un'incertezza nell'andamento, forse un cambio brusco di passo, per evitare un ostacolo improvviso oppure cambiare direzione.
Nel 1993 venne ritrovato l'Uomo di Altamura nella grotta di Lamalunga, resti di scheletro umano integro risalenti al Paleolitico. Fu determinato un buono stato di conservazione, specie del cranio, e ciò ha permesso di studiare l'evoluzione e la migrazione dell'uomo neanderthaliano nel territorio europeo. Si tratta di un maschio adulto, alto circa un metro e sessanta, il cranio presenta sia tratti arcaici sia trasformazioni morfologiche tipiche delle popolazioni neanderthaliane; si colloca nel gruppo di fossili umani del pleistocene medio-europeo. Nel 2015 l'Università La Sapienza di Roma lo ha datato fra i 128.000 e i 187.000 anni fa, rendendolo uno dei reperti più antichi di Neanderthal. Lo studio è stato citato dalla rivista Nature e CNN.
Subito dopo la scoperta si parlava infatti di rimuovere l'Uomo di Altamura e l'intero blocco di concrezioni calcaree che lo avvolgeva, per esporlo a Roma. Viceversa il progetto "SARASTRO" del Prof. Vittorio Pesce Delfino, proponeva e realizzava una "tele fruizione" del reperto in loco con terminali posizionati nella masseria Ragone (finanziamento nell'ambito del POP Puglia 2° triennio). Dopo la rimozione del costoso e per certi versi dannoso impianto, per molto tempo non si è proposto niente di concreto in relazione a studi più diretti del reperto. Nel 2010 è stato pubblicato un interessante e completo studio per la rimozione temporanea del solo teschio e mandibola, per effettuare preziosi esami in laboratorio; cosa perfettamente realizzabile in quanto teschio e mandibola risultano quasi privi di aderenze con la matrice stalattitica.
Il Pulo di Altamura si trova nella Murgia Nord, nei pressi della Grotta di Lamalunga e si presenta come la più grande dolina murgiana, larga circa 550 metri e profonda 95 metri. Ha pareti scoscese ma erbose, con uno stretto sentiero che scende fino sul fondo.
Alla base del Pulo si apre un inghiottitoio (punto della superficie carsica dove l'acqua penetra nel sottosuolo). Le doline per via della loro conformazione permettono la presenza di alcune particolari condizioni (protezione dai venti, basse temperature sul fondo, terreni ricchi di minerali) permettono un habitat che ospita flora e fauna inusuale per la zona (ad esempio il corvo reale). Su una parete rocciosa vi sono alcune caverne. Inoltre i manufatti litici ritrovati testimoniano che le caverne che si aprono nella parete furono abitate nel paleolitico.
Il pulo di Altamura è un cratere dalla forma pseudo-circolare. Non si conoscono le cause dello sprofondamento ma in un primo momento si è attribuita la sua formazione allo sprofondamento della volta per svuotamento della roccia carsica sottostante. Non sono stati effettuati esami specifici su eventuali origini dovute all’impatto di corpi celesti (presenza di nanodiamanti e iridio) ma è un impressionante monumento naturale a pochi km da Altamura.